“ANTICIPARE IL FUTURO”: TURISMO ANNO ZERO. DA DOVE RIPARTIRE? LECTIO MAGISTRALIS DELLA SENIOR BUSINESS ADVISOR PER IL TURISMO, VALENTINA DOORLY
Una vera e propria lectio magistralis quella tenuta da Valentina Doorly, Senior Business Advisor per il Turismo, già dirigente d’azienda e stratega per brand globali nel settore turismo e ospitalità, per l’ottavo appuntamento di “Anticipare il Futuro”, dialoghi digitali con i leader della nuova resilienza, promosso da Ideeventure e Passaggi a NordEst che attraverso i propri webinar sono riusciti a focalizzare punti nodali e proporre possibili soluzioni alla crisi in atto, con interventi di contenuto e relatori d’eccezione. La Doorly è stata la protagonista dell’ultimo incontro, dal titolo: “Turismo Anno Zero: da dove ripartire?”, che ha coinvolto i diversi ormai numerosi partecipanti in un vero e proprio esame critico sul settore tra i più compromessi da questa pandemia, il Turismo. In un excursus iniziale, la stessa, ha chiarito e definito i motivi contingenti che lo rendono un mercato unico e inesauribile, con un ciclo di vita infinito: “tutti i beni di largo consumo hanno bisogno di continui aggiornamenti, il turismo ha driver immutabili nel tempo e distribuisce ricchezza basandosi su istinti e bisogni innati dell’uomo, la curiosità, il viaggio”. E aggiunge più volte nel suo lungo quanto appassionato intervento che è un mercato che non si trapianta, non si logora, non è esportabile perché ogni patrimonio ha Dna diversi e mosaici di culture che parlano, si relazionano ma restano specifici ed inimitabili, con driver e tool che generano continua ricchezza. I numeri sono chiari e d’effetto, un’industria globale potentissima, il 10% del PIL mondiale, che impiega sette volte tanti quanti addetti all'azienda automobilistica, con una dimensione economica enorme e consistente. In Italia rappresenta il 13% del proprio Pil, con i suoi circa 230 miliardi di euro e con quasi 200 mila posti di lavoro e che ora vede un calo di fatturato su base annua del 73%. A livello nazionale il conto per i primi tre mesi di fermo è di 42 miliardi di fatturato persi, 22 miliardi di consumi mancati e quei 4 miliardi messi a disposizione dal Governo sono uno schiaffo ben più grande e umiliante del virus stesso.
È possibile ripartire? E come? Sarà il turismo autoctono la soluzione? La ricerca della sicurezza dei luoghi favorirà nuove mete non accessibili a tutti? Organizzazione e prenotazione dei flussi potranno essere una delle risposte, in particolare per le città d’arte, alle esigenze di sicurezza? Il settore si dividerà tra turismo di prossimità per tanti e nuove formule esclusive di ospitalità per pochi? Queste le domande che hanno reso il dibattito ancora più interattivo del mezzo stesso di fruizione e che non reclamo risposte ma esigono soluzioni.
Chiara, precisa, diretta, Valentina Doorly è ottimistica nella sua visione di “ripartenza” ma non senza soffermarsi sul concetto stesso e sull’evoluzione del turismo, sui pro e i contro di un mercato che deve rivedere basi e strategie per rispondere a richieste sempre più esigenti e di qualità e che oggi il Covid-19 ha reso obbligatori, accelerando quel processo di rivisitazione già in atto. Il 2020 può essere allora considerato davvero l’anno zero per quella sfida frontale ad un settore così strategico quanto mai piegato che trascina con sé non soltanto danni economici ma anche comportamentali e in visione anche degli scenari futuri pensabili o deducibili in un contesto ancora d’incertezza come quello attuale dove l’unica cura possibile, cioè il vaccino, annullerebbe di fatto il pericolo e quindi la minaccia del contagio e di eventuali nuovi lockdown. Nelle prospettive e orizzonti di ripresa bisognerà, quindi, necessariamente confrontarsi con oggettività diverse, nuovi fruitori, un nuovo modo di pensare il proprio viaggio, con limitazioni, condizionamenti e contenimenti che faranno parte di quella ritrova normalità e quotidianità e quindi libertà soprattutto di movimento.
Autrice di diversi libri, l’ultimo “Megatrends Defining the Future of Tourism”, la keynote speaker identifica e descrive i megatrend per il turismo del futuro o futurista. Uno degli elementi che mette in risalto, che esiste già in una forma congenita ma che sarà ancora più inciso nelle decisioni dopo l’emergenza, è il fattore Gender Marketing, in quanto il mercato della ricettività avrà come base fondamentale la sicurezza sanitaria e per sua natura la donna è più attenta ed esigente e ciò diventerà la discriminante di una comunicazione mirata alla ripartenza dei viaggi e quindi delle vacanze.
Il lockdown psicologico, quella paura di spostarsi, quel senso del pericolo, del rischio è il danno maggiore per un settore che basa tutto sulla mobilità, reciprocità, emozione condivisa. Un’enorme ricchezza che non è estrazione ma creazione, non si vendono beni materiali ma esperienziali, il turismo crea memorie, offre esplorazione, allargamento degli orizzonti e dall’altra parte è distribuzione di quel benessere che si fonda sulla collaborazione e sinergia di tutti gli attori di un luogo, nessuno escluso e che vince l’asimmetria costruita dalla globalizzazione. Ecco perché esso promuove e protegge e viceversa i territori, senza questa dualità non può esistere promozione. Proteggere significa anche riconoscere ad ogni territorio una funzione non marginale ma valoriale, conservazione, identità, comunità, biodiversità, si trasformano in attrattori che generano benessere. Il prodotto turistico però è equiparabile all’agricoltura – afferma la Doorley – unico ma deperibile, non è possibile e pensabile recuperare le perdite, il presente è andato, perduto, si può solo investire nel prossimo futuro e un’economia unica come quella del turismo ha un’altra grande ricchezza: un’altissima capacità di resilienza. Basti pensare che in 25 anni in Europa dai 527 milioni di arrivi turistici internazionali si è passati nel 2019 ad un miliardo e mezzo, non c’è crisi che abbia tenuto a freno il volume degli spostamenti: 2002 Sars, 2008/9 crisi finanziaria, 2011 il crollo delle Torri gemelli e la paura del terrorismo.
È ottimista lei quanto mai lapidaria nelle conclusioni perché, afferma, “il 2020 con l’emergenza pandemia non rappresenta più una crisi ma un vero e proprio collasso cardiaco globale”. Ecco che ritorna allora come un leitmotiv, di tutti gli interventi dei diversi relatori, quel cogliere il momento, quel trasformare in opportunità la crisi e anche il turismo va ripensato in maniera futurista, correggendo quel peccato originale - come lo definisce l’esperta – di questa industria. L’elenco è lungo: “Siamo così presi dall’operatività che non pensiamo ad altro che al qui ed ora. Che scambiamo le attività di routine per attività strategiche, anzi non le facciamo proprie. Che non progettiamo, non pianifichiamo, non guardiamo oltre l’orizzonte della prossima stagione. Siamo talmente convinti che non ci sia bisogno di cambiare nulla che ci limitiamo a gestire il presente. Siamo abituati dall’abitudine, alla ripetizione. Ogni anno, tutto uguale, in un eterno ritorno nietzschiano. Tutto uguale, identico, immutabile, basta gestire quello che arriva. Ma non è così, perché tutto cambia! Le condizioni di mercato, il contesto, la concorrenza si evolve e ognuno di questi cambiamenti ha bisogno di essere organizzato e anticipato. Le capacità manageriali richieste cambiano. Gli strumenti a disposizione per tutte le nostre attività di pianificazione strategica, gestione, cambiano alla velocità della luce”. Nel lungo medio termine questa pandemia rappresenterà una “Stalingrado della globalizzazione” che dalla percezione dei fallimenti e asimmetrie insiste dalla propria creazione della stessa si è passati alla coscienza manifesta svelando le inefficienze di un sistema che ha compromesso i sistemi locali e di autoproduzione a favore delle multinazionali, più predatori che produttori di sviluppo.
Il turismo si riprenderà e in maniera eclatante - lo ribadisce più volte - e l’Italia sarà fra i primissimi Paese perché la forza del brand, del sui prodotti e peculiarità è unica. Un prodotto turistico con un’identità straordinaria che cede alla massa, quel prima cercato ora rinnegato overtourist che ha portato a svendere il proprio prodotto, commercializzato inoltre da attori stranieri perdendone così non solo la proprietà ma anche il contenuto, solo perché si pensa che ci sia un maggior ritorno economico rinnega la sua identità e qualità. E il nostro Bel Paese - vive in Irlanda ma è veneta la Doorley - può fare solo scelte di qualità per la natura della sua struttura di prodotto, della sua storia, della sua architettura che non significa scelta elitaria ed elitista ma gestire il prodotto dandosi un’identità precisa e anche limite di accoglienza e standard di qualità.
Membro di A.P.F. Association Professional Futurists e A.F.I. Associazione Futuristi Italiani ha chiaro quale saranno le risposte e quindi le richieste di quella che può essere definita una nuova mental map del viaggiatore: forme più equilibrate e mature di turismo, meno consumismo, scelte più pacate, più riflessione e moderazione. Le vacanze non saranno più orizzontali ma verticali con un’esplorazione profonda del territorio, una conoscenza corpo a corpo, che potrebbe decretare la fine di quel mordi e sfuggi più negativo che portatore di benefici. Si svilupperà un Turismo di Solidarietà verso il proprio Paese d’origine, soprattutto in Italia che è stata la più colpita anche da un punto di vista emotiva. Saranno premiate le destinazioni percepite come sicure: montagna, campagna, piccole centri e quelle con Dna culturale caring, gentilezza, empatia, cura autentica del cliente.
A chiusura un ultimo messaggio accorato, accentuato, quasi in un monito verso quell’Italia che sembra aver smarrito priorità e virtù: “Il turismo ha oggi bisogno di grosse iniezioni di capitali, di investimenti, non bisogna più farlo in maniera amatoriale, occasionale, ed è un settore portante che necessita di una professionalizzazione spinta. L’investimento maggiore e imprescindibile è quindi quello in competenza, la determinazione e la consapevolezza d’investire in formazione e alta formazione, abilità trasversali come armi con cui rispondere alle sfide del futuro. Un mercato che deve lavorare con strategie, testare, valutare e utilizzare in maniera adeguata anche tecnologie e innovazione che non solo anticipano il futuro ma lo disegnano, lo costruiscono. L’impensabile va pensato e va anticipato e ciò è assolutamente possibile e pensabile soltanto con investimenti mirati e formazione continua”.
Una lunga visione d’insieme proiettata verso il futuro che sa muoversi tra le incertezze con la quella capacità di resilienza, prima quasi sconosciuta oggi ambita, che è poi altro non è che sopravvivenza unita alla consapevolezza del valore delle proprie azioni indirizzate verso la costruzione di un mondo diverso, nuovo, de-globalizzato con una spinta in avanti verso una autarchia ecologica - sostiene la Doorley - che investe non soltanto l’ambiente ma anche le persone, il noi, glo-local direbbe qualcun altro. Il fil rouge è sempre il medesimo: sostenibilità, ritorno del sé, ai propri luoghi, ricerca di experience ma con quell’insana voglia di essere un tutt’uno con il resto del mondo (e mai come in questa esperienza ci si è resi conto di esserlo!) che non significa distribuzione di ricchezza in termini prettamente di denaro ma conoscenza dell’altro, scoperta di culture, crescita personale, sguardi rivolti verso orizzonti diversi e diversificati. Il turismo in fondo è stato sempre questo, è ciò che lei definisce “macchina della felicità”. I cigni neri esistono ma alla fine anch’essi hanno il loro senso, quello di far apprezzare e guardare con occhi diversi e sempre nuovi l’universo e l’unica normalità da salvare sarà senza dubbio quella dei valori e dei sensi che esigono di essere condivisi e non chiusi e limitati. In fondo, “Viaggiare ristabilisce l’armonia originale che un tempo esisteva tra l’uomo e l’universo” (Anatole France) e senza cui, aggiungiamo noi, non è possibile vivere!
FABRIZIA ARCURI,
GIORNALISTA
COMMUNICATION MANAGER